È tempo di parlare d’Europa
Lucrezia Reichlin, 27 January 2024 - 08 Apr 2024
È tempo di parlare d’Europa- Corriere.it
Le elezioni europee sono vicine. Si parla molto di nomi e di contrasti sulle liste sia nella maggioranza che nell’opposizione, ma non si è ancora capito quali siano i temi chiave dei programmi elettorali, temi che, essendo le elezioni per il Parlamento europeo, dovrebbero essere appunto europei. Data la incapacità o disinteresse dei leader dei partiti a discutere dei contenuti su cui si impegnerà la prossima legislatura a Bruxelles e Strasburgo e di declinarli nel contesto nazionale, non ci si deve poi stupire se i cittadini sentono l’Europa lontana. La prossima legislatura europea dovrà affrontare una agenda complessa in cui si incroceranno non solo interessi nazionali diversi, ma anche idee diverse sui programmi, che dividono i partiti all’interno di ogni singolo Paese. Soprattutto l’Europa dovrà decidere se ha la forza di fare quel salto di coesione necessario ad affrontare il nuovo contesto internazionale che la vede oggi esposta su più fronti.
I temi economici sono come al solito importanti. Difficile pensare a una politica estera e di sicurezza comune senza una maggiore condivisione degli strumenti economici. Andranno fatte delle scelte e non saranno indolori. Il disinteresse ad aprire una discussione vera nel contesto della campagna elettorale è avvilente ed un paradosso visto che sono due italiani, Enrico Letta e Mario Draghi, ad avere il compito di redigere due documenti. Il primo sul mercato unico e il secondo sulla competitività dell’Europa, che informeranno la discussione sulle politiche della Commissione nei prossimi cinque anni. I parlamentari europei che siamo chiamati ad eleggere dovranno confrontarsi su quelle proposte. I grandi cambiamenti della economia e politica internazionale con cui L’Europa dovrà misurarsi renderanno urgente mettere in moto investimenti in aeree di importanza strategica per l’Unione: maggiore autosufficienza in aree critiche, maggiore competitività, transizione energetica, sicurezza. E dovrà farlo garantendo la sostenibilità sociale.
Per questi obbiettivi l’Europa dovrà fare di più a livello federale perché ci sono importanti economie di scala e perché in parte questi progetti andranno finanziati con risorse pubbliche in una situazione in cui molti Paesi, tra cui il nostro, ne hanno poche da spendere. Proprio noi dovremmo avere molto interesse a che si sviluppi una strategia Europea sugli investimenti strategici, ma per questo bisogna che nella preparazione al voto ci sia una discussione sui contenuti e sulle priorità. Ci si deve anche preparare a nuove regole del gioco. Si parla per esempio di un fondo strategico europeo che indirizzi finanziamenti pubblici in settori chiave e favorisca partnerships pubblico privato. Questo fondo dovrà selezionare progetti provenienti da diverse regioni e Paesi in modo competitivo il che è un opportunità, ma anche un rischio perché la competizione si può perdere. E poi ci sarà la discussione sul come finanziare queste iniziative. Certamente si tratterà di rafforzare il bilancio europeo, ma anche di ri-indirizzarlo e razionalizzarlo accorpando i vari programmi esistenti, il che avrà conseguenze redistributive che peseranno su alcuni e avvantaggeranno altri. Uno studio recente del think-tank Bruegel fa notare che dal 2021 al 2027 la Commissione ha avuto e avrà a disposizione 1.800 miliardi di euro (257 miliardi all’anno) per spesa e investimento sui temi prioritari definiti come transizione verde, digitalizzazione, difesa e sicurezza, ricostruzione dell’Ucraina e sanità. Questa cifra è irrisoria se si pensa che il solo bisogno annuale di investimenti necessari agli obbiettivi del «green deal» è stimato a 356,4 miliardi all’anno. Anche mettendo in conto che molto dovrà essere fatto dal settore privato, è chiaro che il bilancio europeo non è adeguato alle nuove ambizioni.
Cosa dicono i partiti italiani su questo punto? È importante discuterne perché investimenti e solidarietà costano. Un bilancio comune più grande vorrà dire più tasse comuni. Si è pronti a spiegare questo ai cittadini? Chiaramente per farlo bisogna essere convinti che i vantaggi di questo sforzo comune siano tangibili e dimostrarlo. E sarà anche necessario battersi affinché, di pari passo ai progetti elencati, ci siano fondi per la coesione sociale. Il programma di Letta per la riforma del mercato unico si poggerà proprio sull’idea che concorrenza e competitività accentuano le diseguaglianze e per potere rafforzarle senza minare la sostenibilità sociale si dovrà affiancarle a opportune politiche sociali che compensino chi perde e creino nuove opportunità per le persone. Se questo è complesso a livello nazionale, lo è ancora di più a livello europeo. Ma proprio per questo, un progetto di tale ambizione non può essere perseguito senza che i cittadini ne siano persuasi e ne vedano le opportunità. Oggi è il 28 gennaio, vogliamo cominciare a mettere contenuti nella campagna elettorale? Le politiche europee sembrano lontane ma credo che tutti ormai sappiano che contano di più di quelle nazionali. Lasciare gli elettori nel buio o usare messaggi ambigui o retorici (sia da parte sovranista che europeista) mina la democrazia e quindi le basi stesse su cui il progetto europeo si deve costruire